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Pensare al governo che amministra come se fossimo nel Paese di Alice
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Il paese di alice di Vincenzo Donvito
13 maggio 2018 17:35
 
  Sono parte -di riffa o di raffa- di una istituzione che si chiama Stato. Vorrei poter operare e mettere le mie conoscenze ed esperienze a disposizione del bene comune. Nonché crescere ed ulteriormente migliorare. Ma ci riesco male e a stento. Tutte le volte che lo faccio, ci sbatto il grugno. Ma ho una testardaggine che mi salva dal “buttare la spugna” e buttarmi sul mio privato fine a se stesso. E sono li’ che ci provo, ci riprovo e provo ancora. Niente. Sempre punto e a capo. Ora sembra che avremo un governo di pura e semplice alleanza tra due partiti che hanno preso i voti dicendo cose che probabilmente saranno diverse da quelle per cui si impegneranno. Vedremo. Certo che i due designati -Lega e M5S- non erano alleati in campagna elettorale e prima, ed hanno accumulato i propri consensi dandosene addosso l’uno contro l’altro.
Ed io, in mezzo. Chissa’ se sbaglio e, soprattutto, chissa’ se esiste una possibilita’ al di sopra delle parti che possa dire cosa e’ giusto e cosa e’ sbagliato. Ci buttiamo su un qualche Dio? Troppo facile. Vediamo di farcela per conto nostro, tanto se un qualche Dio c’e’, sembra proprio che non gradisca immischiarsi nelle cose terrene. Certo, ci sono fior fiore di esempi attuali in cui il Dio di questo o di quell’altro si immischia si’, ma per ora ragioniamo solo sotto casa nostra, dove sembra che quel Dio che si voleva fare tutti i fatti nostri, consolidati i benefit e le sue nicchie, sia al momento impegnato nei suoi rapporti personali (papa Francesco docet).
Allora, lasciato Dio al suo posto *, vediamo cosa succedera’ per i nemici/amici che ci dovrebbero governare. Calma, non faccio previsioni. “Vediamo” é solo un modo di dire, prendere fiato rispetto al presente di oggi e di domani.
E quindi? Mi fermo qui? Chiudo il programma di scrittura e non salvo? No. Il ruolo di futuro grillo parlante non mi si addice. Cerchiamo di vedere, capire e valutare.
In queste settimane di “governo per l’ordinaria amministrazione” le cose sembrano che funzionino. Per quanto si sappia, visto l’andazzo a cui non ci siamo abituati, sembra che ci siano meno malversazioni istituzionali del solito. La “ordinaria amministrazione” sembra che funzioni meglio del governo abituale. Certo ci sono non poche questioni che dovrebbero essere affrontate, ma piu’ che di intervento esecutivo (governo), sembra che si tratti di interventi legislativi (Parlamento)… Parlamento che c’e’ a tutti gli effetti e che potrebbe esprimere questa o quell’altra maggioranza. Non solo ma potrebbe farlo anche in modo piu’ confacente al nostro dettame istituzionale e costituzionale, senza cioé dover ricorrer a quel voto di fiducia che viene spesso utilizzato per far digerire i provvedimenti alle parti un po’ recalcitranti che comunque fanno parte di una maggioranza. E, poi, senza dover far fede a questo o quell’altro capo, sai che fior fiore di dibattiti potrebbero scaturire tra i parlamentari che dovrebbero cercare di convincer fra di loro? E se si continuasse cosi’? Cioe’ che quando c’e’ da approvare o modificare una legge lo facciano gli organi per eccellenza deputati a farlo (Camera e Senato) e non debbano -questi ultimi- trasformarsi solo in meri luoghi di ratificazione delle decisioni prese dall’Esecutivo. E il governo… che faccia solo il governo di cio’ che ha deciso il Parlamento, cioe’ renda esecutive le norme, ma non che stabilisca le stesse. Si risolverebbe uno dei maggiori conflitti che rendono il nostro sistema istituzionale imperfetto, dove l’accavallarsi di conflitti di interesse (sempre istituzionale) ci ha portato di fatto ad un indecente (ancora e sempre istituzionali, giammai categoria del pensiero) sistema di amministrazione della “cosa” centrale.
Pensaci, presidente Mattarella. Si’, magari non tenerci ancora Gentiloni a fare la “ordinaria amministrazione”, visto che la sua parte ne e’ uscita sconfitta dalle ultime elezioni, ma prova a pensarci di mettere qualcuno “ordinario”. Forse rivitalizzeremmo la nostre istituzioni.
Ma, si sa, io vivo nel Paese di Alice

* mi perdonino i credenti di ogni stampo, so che per loro Dio e’ ovunque, ma io, non facendo parte del loro “loro” lo vivo come un elemento esterno. Chiedo tolleranza.
 
 
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