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Il matrimonio eterno: la dura legge dell'assegno divorzile
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Famiglia e individuo di Claudia Moretti
24 febbraio 2010 11:31
 
Lo scorso 22 gennaio la Corte di Cassazione ha emesso una sentenza con la quale, conformemente a quanto sentenziato in passato, si avalla il diritto all'assegno di mantenimento divorzile dell'ex coniuge che nel frattempo si e' rifatto una vita, che ha una relazione di convivenza more uxorio e un figlio concepito nell'ambito della stessa.
Il caso giudiziario in questione soffre di un vizio di natura processuale che ha impedito ai giudici di merito di valutare compiutamente tutti gli aspetti della vicenda.
La storia in breve e' questa. Lui un benestante medico con anche un'attivita' di artista da cui trae un notevole introito economico, due figli da una precedente unione. Anche lei medico, pero' di modeste condizioni economiche, senza figli. Si incontrano e si sposano. Il matrimonio dura circa due anni e mezzo, si separano, e infine divorziano, senza figli. Nelle more del giudizio di divorzio lei cambia citta', incontra un altro uomo con cui intrattiene una convivenza, diventa madre. L'ex marito non sa nulla di tutto questo e non puo' pertanto farlo presente ai giudici se non tardivamente, e il giudizio si conclude pertanto con un assegno divorzile a suo carico di circa 1000,00 euro in favore della donna.
Solo successivamente viene a scoprire tutto, la nuova vita della ex coniuge. E scopre che ha cambiato residenza, acquistato una casa per le vacanze e una per i propri genitori, insomma si e' davvero rifatta una vita. Chiede allora al tribunale, in ragione di questa nuova e mutata situazione e anche in ragione della minima durata del matrimonio, che tolga l'obbligo di mantenimento della sua ex coniuge. Nulla, ottiene solo una riduzione dello stesso. Perche'?
Perche', -afferma la Corte d'Appello prima, e la Corte di Cassazione poi- non possono esser valutati i fatti che all'epoca del processo di divorzio gia' potevano esser dedotti in giudizio (appunto la nascita del figlio della donna e la convivenza more uxorio con un nuovo compagno), anche se non noti al marito. Purtroppo e' proprio cosi'. In gergo si dice che il giudicato copre il dedotto e il deducibile, ossia: quando c'e' un processo aperto su un argomento si deve dire tutto quello che si sa o che si potrebbe/dovrebbe sapere, altrimenti non si potra' piu' tornarci su.
Insomma un destino avverso quello di alcuni ex coniugi, costretti nonostante gli eventi e le situazioni a pagare un vitalizio per un matrimonio durato magari solo pochi mesi.
La Corte di Cassazione ha infatti chiarito i concetti che fondono l'ultrattivita' del matrimonio, o meglio l'eternita': fino a che nuovo e successivo matrimonio non ci separi.
1. Una convivenza more uxorio successiva, anche se piena e duratura, anche se con prole, non e' “definitiva” quanto un matrimonio durato due anni e mezzo e senza prole. Solo un nuovo matrimonio potrebbe scalzare il diritto all'assegno di mantenimento.
2. Anche se dalla nuova convivenza siano nati figli cio' non rende meno precaria la situazione socio-economica che si crea col vincolo matrimoniale.
Perche' tanta apparente irragionevolezza della Corte? Non e' ovvio ed evidente anche ai loro occhi che fintanto che l'ex coniuge potra' godere della rendita derivante dall'ex matrimonio, non avra' alcun interesse a contrarne uno nuovo?
Ipotizziamo che le ragioni effettive che hanno spinto alla decisione risiedano altrove. Che, piu' che la teoria, abbiano prevalso ragioni di fatto: livellare i tenori di vita degli ex coniugi. L'ex marito, infatti, per quanto si legge in sentenza, e' molto piu' abbiente della sua ex moglie. Cio' ha spinto i giudici, forse, a creare un'esigenza di “distribuzione” del reddito fra ex coniugi, al di la' delle ragioni di natura prettamente matrimoniale. Francamente, infatti, non si riesce a fare i conti con una visione cosi' punitiva e ricattatoria del matrimonio, sorda alle evoluzioni e agli sviluppi delle singole vicende di vita.
 
 
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