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Qui si fa l’Italia o si muore! E Giorgia Meloni si sentì Garibaldi
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La pulce nell'orecchio di Annapaola Laldi
15 gennaio 2023 19:28
 
 “Qui si fa l’Italia o si muore!” – l’ha proprio detto Giorgia Meloni; ci sono anche dei video che non possono essere smentiti.
A me la cosa suona come una battuta, perché tanti degli ultimi segnali, che vengono dal suo governo, come le giravolte che negano oggi ciò che si affermava ieri (vedi la questione delle accise) sembrano piuttosto essere sulla via di disfarla questa povera Italia. E anche il livello culturale dei suoi ministri lascia molto a desiderare; basti pensare al ministro della Cultura italiana, Gennaro Sangiuliano, che proclama essere Dante Alighieri il Padre della destra, prontamente rintuzzato da eminenti dantisti e fior di storici che gli fanno notare l’anacronismo, in cui è caduto.
Oppure all’insistenza di Matteo Salvini sulla realizzazione qui e ora della “autonomia differenziata” di Lombardia e Veneto, che darebbe un colpo mortale alla già faticosa unità d’Italia in questo momento di crisi generale, accentuando il divario tra regioni ricche e regioni povere. E si potrebbe continuare.
Quindi, un invito a Giorgia Meloni – Festina lente, cioè vai cauta, non correre; ti potresti far molto male. E molto male anche a noi tutti.

Ma non mi voglio dilungare su questo piano, bensì condividere un pensiero che mi è venuto appena ho letto di questa battuta di Giorgia Meloni, anche se lei, nel video che ho guardato, ne parla con somma serietà.
Mi sono ricordata di un film di Totò del 1955 dal titolo Destinazione Piovarolo che si svolge nel 1922.
E’ una storia che intesse comicità e amarezza, come spesso capita con Totò, il quale qui è accompagnato e sostenuto da una ineguagliabile Tina Pica e da Marisa Merlini molto famosa all’epoca e poi Paolo Stoppa e Mario Carotenuto, grandi attrici e attori che meritano di essere ricordati.
 
In questo film, a quindici minuti dall’inizio, si comincia a parlare di Ernesto, il trombettiere di Garibaldi, adesso vecchissimo, che era stato testimone del dialogo fra Garibaldi e Nino Bixio, durante il quale l’eroe dei due mondi aveva detto “Qui si fa l’Italia o si muore!”. E quella frase, Ernesto se la ricordava bene, eccome!
Ernesto è ormai giunto alla fine e la notizia si sparge, arrivando anche sui giornali. E così, ecco presentarsi a Piovarolo due esponenti di partiti politici, prima quello socialista e poi quello popolare, i quali cercano di convincere il vecchio trombettiere a testimoniare che Garibaldi aveva detto a Bixio:
“Qui si fa l’Italia socialista o si muore!”, anzi, no: “Qui si fa l’Italia popolare o si muore!”.
Invano. E’ il 28 ottobre e passa da Piovarolo un treno carico di fascisti, che denuncia la nuova realtà.
Così, Ernesto, che aveva già indosso la divisa di Calatafimi e accanto la sua tromba, se ne va, prima, mi viene da dire, che arrivi il gerarca di turno a intimargli di “ricordare” la frase di Garibaldi rivista e corretta a uso del duce: “Qui si fa l’Italia fascista o si muore!”.
 
Non so quale sia il retro pensiero di Giorgia Meloni, e in questo momento non ci voglio pensare; in fondo, la sua battuta mi ha fatto ricordare questo film, che ho rivisto volentieri, partecipando all’amara sorte di Antonio La Quaglia narrata nella chiave dell’irrepetibile comicità di Totò e compagni.
 
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