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Le banche, l'azienda indebitata e l'imprenditore ricco
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Macromicro economia di Domenico Murrone
1 agosto 2009 0:00
 
Stralci di allarmi provenienti dal mondo delle pmi.
- Gli effetti della crisi finanziaria continuano a impattare molto negativamente sugli artigiani e sulle piccole e medie imprese.
- Gran parte delle imprese medio-piccole, trama fondamentale del tessuto imprenditoriale italiano, trova difficolta' e potrebbe correre rischi di asfissia finanziaria.
- Il rischio e' che possano scomparire un migliaio di piccole e medie imprese. Le imprese del settore dei servizi sono oggi vicine al collasso.
- Ci sono aziende che stanno gia' pensando di chiudere per ferie senza sapere quando riapriranno a settembre.
 
Le piccole imprese sono in crisi, come sempre. Anche se sono il traino dell'economia nazionale, danno occupazione e rendono flessibile la nostra economia. La loro dimensione, a volte micro, le rende fragili finanziariamente, e in molti casi i maggiori frutti del lavoro dell'artigiano, imprenditore, commerciante se li godono le banche, che incassano interessi e spese sui finanziamenti concessi. A fronte di una rischio spesso non eccessivo, visto che tradizionalmente i prestiti vengono erogati in cambio di garanzie su beni reali (case, terreni, fabbricati).
Ora la crisi e' piu' grave e rischia di andare all'aria tutto il sistema italiano, tanto che tra le associazioni piu' allarmate c'e' Confindustria, che da sempre rappresenta gli interessi della grande impresa.
Il nemico sono le banche che, nonostante il sostegno ricevuto dal Governo, direttamente e non, ha ristretto ancor di piu' i parametri per la concessione di finanziamenti.
Anche il Governo sgrida le banche. Cosi' come Banca d'Italia.
 
Banche
Giustamente il sistema bancario viene additato come quello che vedendo un moribondo, anziche' porgergli dell'acqua, gli chiude il fido.
Ci sono piccole e medie aziende di successo che si vantano di non aver alcun finanziamento bancario, sono le banche ad inseguirle. Sono una minoranza, che preferisce stare alla larga da chi eroga finanziamento solo in presenza di case e terreni, non valutando le capacita' e le idee dell'imprenditore.
Altre aziende, invece, stanno sempre sul filo. Basta un mancato pagamento di un cliente importante o il calo del giro d'affari che tutto il microsistema che ruota attorno all'imprenditore si stressa e inizia la spirale che vede le banche assumere un ruolo ambiguo: per evitare il crollo immediato, concede qualche dilazione o un aumento (piccolo) degli affidamenti. Non valuta le effettive potenzialita' dell'azienda: e' una crisi momentanea di liquidita', concedo un finanziamento adeguato per superare il periodaccio. No, instaura una lunga ed estenuante trattativa, non per risolvere il problema alla radice, ma per concedere un chicco, una pillolina, lasciando l'impresa in perenne incertezza.
Intanto, l'impresa piu' che pensare ad aumentare il fatturato deve concentrarsi sugli slalom per schivare il rischio insolvenza ad ogni scadenza di pagamento. Intanto interessi passivi e altri costi aumentano a dismisura l'indebitamento. I versamenti servono solo a tamponare.
 
L'imprenditore masochista
Se le banche sono quelle viste sopra, non si puo' non evidenziare come il cappio se lo infilino le stesse piccole aziende. Alcuni imprenditori per puro idealismo masochista, non prendendo atto che un ciclo e' finito e che occorre chiudere bottega e laboratorio, abbandonando la loro 'creatura'. Si aggrappano alla speranza, spesso infondata, che all'improvviso le cose gireranno tutte nel giusto verso, che avverra' il miracolo. In questi casi l'imprenditore segue la lenta agonia, impotente mentre anche la casa in cui vive viene compromessa e va a finire ad una banca. Che rimane creditrice nonostante i vari versamenti effettuati durante l'agonia pareggino il debito originario.
 
L'imprenditore ricco e l'azienda povera
Altri imprenditori, piu' scaltri –ma non ci riferiamo ai delinquenti matricolati- nei periodi di buona fanno figurare per motivi fiscali bilanci (falsi) poco attraenti, con utili e fatturati ridotti all'osso nelle carte ufficiali; incrementano la quota di nero, utilizzata per rendere ricco l'imprenditore e fragile finanziariamente l'azienda.
Cosi' abbiamo soggetti a capo di imprese che dichiarano utili zero, che comprano yacht, mega auto, ville, intestandoli classicamente alla suocera.
Quando arriva l'inevitabile crisi e occorre aumentare il finanziamento bancario, arrivano i problemi. Giustamente la banca a fronte di miseri fatturati e utili, rifiuta nuovi finanziamenti.
Cosi' un'impresa -che se avesse lavorato in regola, accantonando un po' di riserve- poteva superare tranquillamente la crisi, si trova in difficolta'.
Che fara' l'imprenditore? Rimettera' tutto in gioco, vendendo barca e villa rifinanziando l'azienda? O preferira' chiudere e godersi la vita? Tanto, la colpa potra' sempre darla alle banche cattive.
 
 
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