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La Finanziaria. Cenni storici e storture
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Macromicro economia di Domenico Murrone
1 gennaio 2007 0:00
 
Il 23 dicembre 2006 il Parlamento ha approvato l'ultima Finanziaria che vanta non pochi record, negativi. In questa sede ci occupiamo non di contenuti della stessa, ma della sua "storia" e dei tanti e inutili tentativi di rendere efficace una legge di fondamentale importanza per il Paese, uno strumento di controllo dei conti pubblici e di politica economica. In teoria.
Nei fatti i conti pubblici sono in disordine e per approvare entro la fine dell'anno la Legge, si ricorre all'escamotage dell'articolo unico con centinaia di commi, facendo divenire il tutto un'accozzaglia di disposizioni scoordinate. Ma andiamo con ordine.

La necessita' della legge di bilancio e' prevista dalla Costituzione del 1948 in vari articoli, in particolare l'articolo 81 recita:
"Le Camere approvano ogni anno i bilanci e il rendiconto consuntivo presentati dal Governo.
L'esercizio provvisorio del bilancio non puo' essere concesso se non per legge e per periodi non superiori complessivamente a quattro mesi.
Con la legge di approvazione del bilancio non si possono stabilire nuovi tributi e nuove spese.
Ogni altra legge che importi nuove o maggiori spese deve indicare i mezzi per farvi fronte
".

Negli anni tali previsioni sono state specificate da varie leggi, col dibattito che ha riguardato soprattutto gli ultimi due commi dell'articolo 81: come interpretare la frase "Con la legge di approvazione del bilancio non si possono stabilire nuovi tributi e nuove spese"?
Decine di studiosi hanno dato opinioni, ma e' evidente a tutti che ogni anno la Finanziaria non rispetta tale previsione (basta leggere le paginate dei giornali di questi ultimi mesi: tassa sui Suv, successione, ecc.).
Come prevedibile, pero', e' arrivato l'avallo da chi dovrebbe essere il custode della Costituzione: la Corte costituzionale che nel 1966 ha (con tanti se e tanti ma) ammesso cio' che l'interpretazione letterale della norma vietava. La sentenza n. 1 del 10 gennaio 1966 ha consentito una certa discrezionalita' alla legge di bilancio: "nella predisposizione del bilancio le spese possono essere ridotte o addirittura non iscritte . quante volte l'esigenza dell'equilibrio finanziario e dello sviluppo economico-sociale consiglino una diversa impostazione globale del bilancio e la configurazione di un diverso equilibrio [. . . ]". Insomma una sentenza all'italiana.

Tale situazione, pero', rese poco efficace il controllo dei conti. Finiti i tempi felici del Boom economico, nella seconda meta' degli anni '70, l'incontrollabile sviluppo dell'inflazione, la minaccia di recessione causata dai problemi petroliferi, il crescente debito pubblico, che nel 1977 aveva raggiunto il 58% del Prodotto Interno Lordo, indussero la classe politica a dotarsi di uno strumento idoneo a far fronte alle mutare condizioni, infatti la precedente regolamentazione aveva reso il bilancio dello Stato un semplice centro di trasferimento delle risorse. Fu approvata la legge 468 del 1978 che doveva tracciare un quadro unitario e coerente della finanza pubblica. La riforma e' evidentemente fallita, visto che gia' nel 1988 ci fu la riforma della riforma, con la legge 362, e che il livello del debito pubblico e' lievitato all'attuale 106% del Pil.

Per questioni varie e contrapposte -controllo dei conti e legittimazione di pratiche spartitorie- nel corso dei decenni si e' arrivati alla situazione attuale. L'ultima Finanziaria e' illeggibile, come tutte le altre, infatti si tratta di una lunga serie di disposizioni, contenute in un unico articolo e la bellezza di 1.364 commi. E anche quest'anno tutti invocano: riforma, riforma.
 
 
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