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Legge elettorale e selezione della classe politica
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Macromicro economia di Domenico Murrone
15 gennaio 2009 0:00
 
Si votera' a giugno per le elezioni europee. A distanza di pochi mesi gli italiani non sanno con quale sistema elettorale andranno a votare: l'attuale proporzionale puro con voto di preferenza? Oppure sara' approvata una nuova legge?
Azzardiamo: gli italiani sostanzialmente se ne fregano. Ormai le speranza riposte nella modifica del sistema elettorale sono scemate, azzerato e' l'impulso dei primi Anni 90, con i referendum che portarono l'Italia dal sistema proporzionale della Prima Repubblica, all'uninominale maggioritario spurio (il cosiddetto Mattarellum), che mantenendo il 25% dei seggi alla Camera assegnati col proporzionale, non semplifico' il numero dei partiti. Che rimpossessandosi definitivamente della materia hanno riportato la legge elettorale per il Parlamento al proporzionale con sbarramento e premio di maggioranza per le coalizioni.
Troppo complicato? E' ovvio: tutto ormai e' in mano ai partiti che hanno completamente esautorato il corpo elettorale da ogni possibile 'interferenza'. I partiti fanno e disfanno, i cittadini esausti votano, pensando che le regole elettorali non abbiano piu' alcun effetto sulla loro vita concreta, sul loro portafogli e sulle loro speranze. Si vota con le regole scelte da quella classe politica criticata aspramente per 364 giorni all'anno.
Questo disinteresse e' un errore, comprensibile, ma tale rimane. Perche' alla base di un sistema che funziona c'e' una efficace selezione delle persone piu' adatte ad un ruolo.
Il sistema universitario italiano (con tutte le eccezioni positive) non funziona: atenei nelle posizioni di retrovia nella classifica, poca ricerca e poche pubblicazioni nelle riviste scientifiche. Il perche'? Non per le poche risorse. Il governo dell'istituzione universitaria e' in mano ad una casta di baroni che seleziona i nuovi docenti con metodi nepotistici, e' questa la prima causa della poca efficacia.
Anche il sistema Italia e' bloccato, genera scontento e poco sviluppo, non riuscendo mai a risolvere un problema che sia uno, anche per la cattiva selezione della classe dirigente politica. Che questi meccanismi siano determinati dai partiti (o dalle loro componenti) con l'unico obiettivo di difendere il fortino del potere, lo dimostrano le ipotesi in campo per riformare la legge elettorale europea.
Gli attori in campo sono i due Pd: Partito democratico e Partito delle liberta'. D'accordo ambedue per introdurre uno sbarramento al 3-4%, la contesa si sposta sulle preferenze: solo liste bloccate (i primi dell'elenco predisposto dal partito vengono eletti) o la possibilita' di sovvertire le indicazioni del partito, esprimendo un voto per un candidato? Il primo Pd, vuole le preferenze, il secondo Pd (quello con la l) no. Cosi' si media copiando gli svedesi: con la tipica inventiva della politica italiana dei momenti di difficolta', si cerca una soluzione che accontenterebbe tutti e due i Pd.
La legge elettorale in vigore in Svezia mette si' a disposizione dell'elettore la preferenza, ma prevede che quest'ultima conti solo se il singolo candidato riceve una certa percentuale di voti.
L'Italia ha bisogno di questo ulteriore meccanismo?
Probabilmente no, ma tanto, ormai, e' tutta roba loro.
 
 
 
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