testata ADUC
L'EROSIONE DELLA LEGALITA'
Scarica e stampa il PDF
La pulce nell'orecchio di Annapaola Laldi
1 settembre 2001 0:00
 

Fra incentivi ed estorsione: una storia esemplare. Ovvero: dove comincia l'erosione della legalita'? "Arriva il 'tutor' per sostenere le piccole industrie del Sud" . E' il titolo in prima pagina del "Sole 24 ore" del 26 agosto scorso che ha catturato subito la mia attenzione.
Riferisce dell'opportunita' offerta ai medio-piccoli imprenditori di Campania, Puglia, Calabria, Basilicata, Sicilia e Sardegna, inseriti nella graduatoria della L.488/1992, di disporre di una consulenza tecnico-amministrativa, finanziata dalla Comunita' europea, per ampliare la loro attivita'.
Ho trovato la cosa interessante, ma non per motivi tecnici.
Il fatto e' che, da qualche giorno, mi ronzava per la testa quella che "La Stampa" del 21 agosto ha definito "L'estremo grido di aiuto per non arrendersi alla 'ndrangheta", cioe' la lettera aperta inviata ai Presidenti della Repubblica e del Consiglio dei Ministri da Giacomo Giuseppe Latassa, un piccolo imprenditore calabrese, appunto, che, "a costo di enormi sacrifici e CON GLI AIUTI PREVISTI DALLA LEGGE" (proprio la 488/1992, citata prima), ha avviato da tre anni a Fabrizia, nei pressi di Vibo Valentia, un'azienda di imbottigliamento di acqua minerale, che da' lavoro a 20 persone.
Dal gennaio 2000 a pochi giorni fa ha subito tre attentati a scopo di estorsione, dei quali gli ultimi due hanno messo a repentaglio la vita di alcuni dipendenti.
Il Latassa ha sempre denunciato ogni minaccia ricevuta. Non vuole cedere al ricatto malavitoso: giustamente non vuole pagare -nonostante, o forse proprio in virtu' della sottile ironia del nome che porta- altre tasse oltre a quelle dovute allo Stato, ma adesso che gli attentati minacciano la vita dei dipendenti, si trova nella situazione drammatica, come uomo e imprenditore, di dover chiudere tutto, mettendo pero' sul lastrico quegli stessi dipendenti.
"Non me la sento di fare l'eroe", dichiara nell'intervista. E nessuno gli puo' dare torto. Anzi, c'e' da essergli grati per non aver ceduto ai ricatti e aver contribuito, così, ad affermare la libertà e la dignità umana e civile.
Ma purtroppo non e' un caso isolato. Lo stesso "Sole 24 ore", accanto all'articolo sugli aiuti agli imprenditori (6.a pagina), pubblica un pezzo del corrispondente calabrese, dal titolo eloquente: "Reggio teme il ritorno del racket". In esso, oltre ai sinistri segnali, che si stanno moltiplicando dopo circa sei anni di relativa calma e di rinnovata fiducia, si denuncia anche il silenzio preoccupante dei commercianti minacciati e la latitanza delle istituzioni, ministero dell'Interno in testa, a cui, pochi mesi fa gli impresari edili calabresi si sono rivolti chiedendo: "E' ammissibile concedere altro tempo alla criminalita'? E' ammissibile che la 'ndrangheta operi contro lo sviluppo del territorio?".
Gia', perche' in tempi di Unione europea sempre piu' realizzata e in tempi di globabilizzazione, in cui il denaro circola vorticosamente alla ricerca di persone, idee e luoghi che ne rendano l'investimento remunerativo al meglio, lasciare dei territori in ostaggio alla criminalita' organizzata non e' solo, come e' sempre stato, un delitto contro le persone, ma diventa un delitto contro il mercato libero. Gli investimenti, specie stranieri, non si dirigeranno in luoghi in cui non sia ben chiaro se e quale profitto possano realizzare. E' per questo che c'e' chi vede nella globalizzazione lo strumento per sconfiggere questo tipo di delinquenza, e sostiene che la necessita' di attirare investimenti creera' le condizioni per liberare il territorio da questa pesante ipoteca; in altri termini, la legge del mercato otterra' in poco tempo quello che non si e' ottenuto per decenni perorando la cultura della legalita'.
Non so se le cose stiano davvero cosi'.
So solo che quella lettera, che riporto in appendice, la sento come un appello rivolto non solo allo Stato, ma a tutti quanti, e mi chiedo se qui, nel centro (-nord), siamo davvero in salvo da questo genere di violenza. A volte, a ondate, si spargono delle voci, nei piccoli comuni come nelle grandi citta', che ci siano commercianti e imprenditori che pagano il pizzo. Voci. Poi silenzio. Ma questo silenzio interviene perche' gli interessati hanno messo le forze dell'ordine e la magistratura in grado di troncare la carriera agli aspiranti taglieggiatori o perche', invece, quella carriera la fanno diventare redditizia cedendo alle minacce?
E ancora, comunque: perche' di fronte a scippi, furti e rapine, le vittime alzano un grido vibrante di "tolleranza zero", e questo grido, invece, di fronte all'estorsione, che e' una violenza se possibile ancora piu' grave, anche qui, dove ci piace dire che tradizione storica e situazione socio-ambientale sono diverse dal Mezzogiorno, si affievolisce, se non si spegne del tutto?
E poi mi chiedo anche dov'e' che comincia l'erosione di quella che viene chiamata la "cultura della legalita'", che vedo come l'esercizio della liberta' di ciascuno di scegliere il proprio lavoro, di esprimersi con le parole e con l'azione come meglio crede, nel rispetto della stessa liberta' degli altri.
Questa erosione non puo' cominciare gia', impercettibilmente, nel momento in cui il semplice cittadino si presta ABITUALMENTE ad essere vittima di piccoli soprusi, verso i quali non gli pare valga la pena di reagire o non sa -psicologiamente o materialmente- come reagire? Ad esempio, i piccoli soprusi del negoziante che gli fa pagare la carta al prezzo del prosciutto, o non espone i prezzi delle merci; oppure la disinvoltura della banca che non si premura di spiegargli per bene la sua specifica situazione, mettendolo cosi' in difficolta' anche gravi, e a quel punto si difende dicendo che e' tutto scritto in quei libroni illeggibili che dicono al servizio della trasparenza; o la prepotenza del grande gestore telefonico che fa trovare in bolletta il canone per un servizio non richiesto; o ancora la Rai che manda diffide alla cieca, trattando tutti da evasori, e giocando proprio sul fatto che anche chi il televisore davvero non ce l'ha, per paura della Finanza o per quieto vivere, ma si', gliela paghi la tassa, e non se ne parli piu'. Oppure..... l'elenco si puo' allungare a piacimento.
Sono consapevole che cose del genere, di fronte al dramma dell'imprenditore calabrese, impallidiscono. Ma mi sia lecito ricordare che, nella realta', un dramma non nasce quasi mai tale, ma si prepara passo dopo passo. Piccola prepotenza dopo piccolo sopruso, senza che vi sia reazione concreta, ecco che, nelle coscienze, si prepara il terreno a subire prepotenze e soprusi piu' grandi fino a quelli drammatici, appunto, che riempiono ancora le pagine dei nostri giornali.
Ammesso che le cose stiano anche cosi', perche', allora, non fare quel poco che ci e' richiesto per tutelare direttamente con gentile fermezza il nostro diritto, la nostra dignita' e liberta'? Che e' poi l'unico modo corretto per tutelare anche gli altri.
Un piccolo impegno per arginare un piccolo sopruso: non puo' essere un modo di rendere omaggio e dare coraggio a chi, di fronte a grandi soprusi, deve fare uno sforzo enorme -dove puo' essere in gioco anche la vita?
Forse, chissa', anche questa e' globalizzazione.


Appendice:

Lettera aperta al signor Presidente della Repubblica
e al signor Presidente del Consiglio dei ministri
Sono un piccolo imprenditore che, a costo di enormi sacrifici e con gli aiuti previsti dalla legge, ha realizzato un'azienda imbottigliatrice di acqua minerale sulle Serre calabresi, con una ventina di dipendenti. Ho gia' subito per ben tre volte le attenzioni della mafia: incendi di macchine all'interno dello stabilimento, fucilate anche a pallettoni contro camion, l'ultima volta ieri sera.
Signor Presidente, fino a quando?
C'e' vera democrazia se tutti i cittadini sono tutelati; se non possiamo muoverci, se subiamo continuamente attentati, se quei signori mettono a ferro e fuoco impunemente, ci troviamo sotto la peggiore delle dittature.
Lo Stato vuole difendere i cittadini, allora sia efficiente in tutte le sue articolazioni.
Persistendo questa situazione insostenibile saro' costretto a chiudere la fabbrica e mandare tutti i dipendenti a casa.
Con i sensi del mio profondo rispetto per Lei e le Istituzioni, La ringrazio per gli interventi urgenti e continui che Lei senz'altro predisporra'.
Fabrizia, 20 agosto 2001
Giacomo Giuseppe Latassa.
 
 
LA PULCE NELL'ORECCHIO IN EVIDENZA
 
AVVERTENZE. Quotidiano dell'Aduc registrato al Tribunale di Firenze n. 5761/10.
Direttore Domenico Murrone
 
ADUC - Associazione Utenti e Consumatori APS