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Giovani di oggi, giovani di ieri. Italia-Usa, due Paesi a confronto, nella storia di ieri e di oggi. L'autodeterminazione, l'emigrazione
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Medicare? di Giuseppe Parisi
15 giugno 2006 0:00
 
La caratteristica dei giovani Italiani di oggi e' una forma di rassegnazione, un sommerso aspetto da alienazione sociale che si ripercuote in atteggiamenti pseudo-maniacali, come la ricerca dei modelli, dei gusti e dell'estetica, influenzata e veicolata attraverso i media.
La peculiarita' si esprime in ogni angolo del quotidiano.
L'abbigliamento, l'automobile, gli accessori della giornata. Siamo sempre alla ricerca del segno che si fa notare, la camicia firmata, gli oggetti personali che saltano agli occhi, ma servono per nascondere il profondo senso di malessere e disagio sociale.
Il bello non equivale al pratico, al funzionale, anzi, spesso e' inversamente proporzionale.
La popolazione giovanile che non viaggia sulle stesse frequenze dei giovani italiani sono gli americani.
Nella loro cultura, il pratico, il funzionale, e' prioritario, spazza via l'estetica, spesso dimenticata. In pratica, il pensiero americano e' quello del pratico e del comodo, poco importa quanto bello.
L'impostazione della praticita' delle cose, si intravede in ogni ambito, nella vita di ogni giorno, nelle istituzioni. L'automobile, ad esempio, diventa, acquisto mirato alle necessita' e alla comoda praticita', guardando poco al design e molto alla durata nel tempo.
Filosofia americana e' quella di acquistare la Cadillac a 23 anni, perche' gia' lavori, e farsi accompagnare fino ad 80 anni.
Ho un ricordo antico, riapparso non per caso in questi giorni in un mio ritorno a casa: nonno John.
Nonno John, non era ne nonno paterno, ne' nonno materno, era una persona amorevole che non aveva avuto figli, dava ogni amore al prossimo, ai figli degli altri.
Nonno John, era un Italo-americano.
Uno dei tanti, poverissimi, che erano emigrati negli Usa insieme ai suoi genitori, agli inizi del secolo scorso.
Di famoso, in nonno John, c'era che, come cittadino americano, aveva combattuto con la mimetica della U.S. Army, partecipando nello specifico alla campagna di sfondamento delle retroguardie naziste in Sicilia. Nei suoi racconti, parlava di Palermo e via via di tutta la fascia tirrenica fino a raggiungere Messina. I suoi ricordi di guerra, erano netti, precisi. Spesso riferiva che la campagna siciliana delle forze militari Usa "era stata cosa buona perche' avevano spedito noi. siciliani, perche' conoscevamo la gente ed il territorio".
Era il mio secondo nonno, quando mi raccontava sembrava che sfogliassi i libri di storia, e il suo narrare si colorava di vicissitudini che dipingevano la quotidianita' di quei furibondi giorni.
In America aveva preso moglie, anch'ella emigrata come lui, di origini messinesi, come lui.
Nonno John, cosi' lo chiamavo, mi voleva sempre con lui, per lui ero il nipotino. Mi parlava dell'America, quella con la "K", talvolta diceva "merita" della povera gente, del "sogno Americano" ancora troppo sogno, di come l'aveva trovata lui, quando sbarco' la prima volta a New York, con la polizia che subito vigilava e che rintanava in centri allestiti, vicinissimi al porto delle navi, oggi Brooklyn.
Poi, mi raccontava del grande freddo, di tanta tanta fame, della necessita' di sopravvivere alle svariatissime difficolta' della vita quotidiana di un immigrato. Soprattutto dai Guys, ragazzetti con il coltello in tasca, come lui, che sbucavano dal nulla, dal bisogno dalla fame.
Si chiamavano guys, monellacci, faccia sporca, pantaloncini corti, tanta rabbia, tanti bisogni, con i coltelli pronti, organizzati dopo, divenendo Gang.
Nonno John narrava che nel 1903, quando sbarco' con padre e madre a New York, era piccolo quanto me, 8 anni -faceva un certo effetto conoscere, assimilare quelle realta - era una freddissima e nevosa giornata di febbraio, e non aveva con se' che una poverissima borsa, con qualche straccio non adeguato a quel clima. Mi raccontava dei primi periodi, quando i controlli di polizia erano frequenti, nel tentativo di minimizzare le lotte intestine che scoppiavano tra i monellacci venuti dalla fame.
Lo visualizzo ancora oggi, nonno John, sempre sorridente, amava vestire di bianco, tutto l'anno, con un suo berretto che cambiava spesso, talvolta stile francese anni '20, talvolta stile cow-boy. Anche le scarpe erano rigorosamente bianche, sempre, mai visto con scarpe diverse.
Quando decise di ritornare nel paese natale della moglie, nel 1960, l'Italia era prossima al boom economico. L'aveva ritrovata certamente diversa, ma "non troppo" diceva, e non comprendevo cosa intendesse riferire.
Oggi so che si riferiva alla cattiva, illiberale politica ed alle sue convivenze con la criminalita' organizzata.
Di lui ho precisi ricordi, uno in particolare: l'immenso e composto amore per Cristo. Una volta rientrato in Italia, lasciando definitivamente gli Usa, da pensionato e da combattente, la prima cosa che fece fu di costruire accanto alla sua piccola casa una intera Chiesa a sue spese, grande, rigorosamente bianca, l'esterno e gli interni, che ancora oggi si puo' osservare nella sua semplicita' e nella sua grandezza, in una localita' chiamata Torregrotta in provincia di Messina.
Bianca anche il "secondo Amore", dopo la moglie, la sua Cadillac targata Ney York, anni 50, fatta costosamente arrivare da oltreoceano. Bianchi i contorni dei pneumatici.
Nonno John si spense un mese dopo la moglie, nel 1969. Ricordo quell'anno perche' affascinato dalla conquista della Luna da parte dell'uomo, con la missione americana Apollo 11.
Proprio in questi giorni, ritornato presso la mia famiglia, ho sentito una necessita' ed un bisogno di indietreggiare con il pensiero nei ricordi nel tempo.
A nonno John ho dedicato piu' di qualche attimo, cercando di ricostruire la sua storia, e quella degli uomini di quei tempi. Ho ricontattato i suoi nipoti viventi e qualcuno ha avuto molto piacere nel risentirmi dopo il tanto tempo trascorso.
Il peculiare carattere di Nonno John, era molto simile agli americani di quel tempo: la lealta', il senso del dovere, la conoscenza dei propri diritti, il coraggio, la dedizione, la praticita', il senso del necessario ed il rifiuto del superfluo, il senso ampio del liberismo, quale credere profondamente in se stessi. Ancora, la propensione al rischio ed alla scommessa con la vita, nel tentativo di migliorare le proprie condizioni, senza lasciare la dimensione dell'umorismo, soprattutto nei confronti di se stessi.
Cosi erano anche gli italiani di quel tempo, gli stessi che parteciparono a far grande l'America di oggi.
Tuttavia, per coloro i quali hanno avuto modo di conoscere gli americani di oggi da vicino, potranno ben dire che l'espressione liberale, e le caratteristiche degli americani e degli stessi italiani immigrati di quel tempo, sono ancora, a differenza dell'Italia, presenti in buona parte nel sottobosco culturale popolare. Queste peculiarita' interessano tutti i Paesi anglofobi, quali Australia e Nuova Zelanda.
Il mito dell'americano stupido, consumista e sprecone e' una favola dai contorni infelici ed anti-americani, volutamente inculcateci da una stampa da regime come quella italiana.
Nulla e' rimasto delle caratteristiche di quel tempo nelle giovani generazioni italiane.
Cosa accadde?
L'autodeterminazione, quale prerogativa umana, fu volutamente negata, dimenticata, annegata dalle forze politiche che vennero dopo a ridosso della fine della guerra, a partire dal piano Marshall in avanti. Se si considera che l'essere umano, tende con naturalezza ogni sforzo nel tentativo di migliorarsi, possiamo intuire cosa accadde in Italia dal dopo guerra ad oggi.
Il bisogno di autodeterminazione, la necessita' di affermarsi, di esprimersi nelle proprie qualita', capacita' personali, risorse espresse dalla propria intelligenza, attitudine e creativita', furono cancellate da un sistema partitocratrico ed assistenzialista.
Ad evitare tutto cio', e' stata grande, grandissima l'America.
Non e' un caso, che oggi, oltre l'80% dei lavoratori statunitensi sta nel modo giusto e nel posto giusto. Questo grazie, al profuso liberismo istutizionale, alle sue equitarie leggi, al suo grande credo nell'uomo e nelle proprie risorse.
Ho detto dei giovani italiani di oggi, stanchi.
Si', stanchi e sfiduciati, perche' gestiti, controllati, affogati in un sistema che nega, annulla le risorse individuali e la creativita' personale.
I sistemi socialisti, si sono contraddistinti per questo. Nell'estremo tentativo di "assistere" il popolo "immaturo", sono giunti a negare la liberta' primaria dell'uomo: l'autodeterminazione.
Noi italiani ne stiamo mantenendo le circostanze, investendo molto in politiche che non hanno portato da nessuna parte, le stesse che non hanno mai valorizzato le grandi risorse dei nostri giovani, negati, angosciati, sfiduciati, delusi, stanchi.
Quelli migliori, hanno la forza di emigrare per non morire.
L'Italia riuscira' a cambiare ed investire con ogni sforzo per l'autodeterminazione nell'unico futuro, i giovani?
Lascio a Voi ogni dovuta risposta.
La famiglia di nonno John, era molto povera. Il padre, sbarcava il lunario con lavori molto umili, mentre la madre, da casalinga tirava avanti i suoi tre figli, dopo, due dei tre, scomparsi tragicamente ancor prima dell'avventura americana. Giovanni, divenuto poi John, era l'ultimo di tre figli, una volta negli Usa, insieme al grande impegno e sacrificio della famiglia, riusci' a laurearsi in Ingegneria Elettrotecnica, alla Philadhelphia University, trovando impiego a soli 25 anni. Visse oltre 35 anni, nella Contea di Morris, a sud di Ney York, eletto sceriffo per due volte nella medesima contea.
Prima di lasciarvi, mi preme spingervi in una riflessione: quanti disgraziati immigrati in Italia, avranno mai le medesime opportunita' avute quando emigrati eravamo noi?
Anche questa seconda volta, lascio a voi ogni dovuta risposta.
 
 
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