Sono passati quasi trenta anni da quando, nel 1982, attraverso gli scambi culturali dei giovani universitari, mi recai in Polonia, a quel tempo Paese sotto la censura comunista. I Polacchi, erano passati dalla dittatura nazista, becera e violenta, a quella grigia e monotona comunista dell’Unione Sovietica, e questo era accaduto nel giro di una notte. Ricordo ancora oggi, con una certa emozione, quando il delegato con il compito di ricevermi a Varsavia, una donna alta dall’aspetto imponente, guardandomi severamente negli occhi mi raccomandò di evitare strettamente ogni riferimento e discorsi di natura politica con tutti, anche con persone già precedentemente conosciute.
Anche se ormai in quel periodo il regime comunista faceva fatica ad arrestare e torturare coloro che erano considerati “traditori”, l’evenienza appariva sempre possibile e dietro l’angolo.
Per mia personale indole, quella raccomandazione fu del tutto inutile, anzi, sortì l’effetto contrario, aumentando il desiderio di conoscere, sapere, capire.
La Polonia che stavo conoscendo era leggermente cambiata, le procedure del regime fino alla fine degli anni 1970 erano state quelle di stato di polizia, irrompendo nelle case, a notte fonda, prelevando “i traditori”, sovente i piu’ fortunati facevano ritorno nelle loro abitazioni solo dopo anni.
Dieci anni prima, con certezza matematica, sarei stato arrestato ed espulso dalla Polonia comunista.
Per i giovani Polacchi “occidentale” significava proibito. Ricordo ancora quando nella mia stanza assegnatemi dalla delegazione, un giorno piombarono furtivi, studenti e studentesse, impazienti di conoscermi.
Apparivo più un marziano che altro, la loro curiosità superava di gran lunga la mia, che adesso diveniva quasi timidezza per il loro non conoscere l’inglese, che si scioglieva davanti alla loro gentilezza, di una teatralità raffinata che non avevo ancora visto fino a quel momento.
Sembravano attori di teatro, anzi lo erano?
La gran parte di quei giovani studenti universitari era davvero attore di teatro. I teatri sorgevano dappertutto, essi non erano il desiderio di colorare la grigia monotonia della vita del regime, ma era, sorprendentemente, una attività sotterranea, un mezzo per veicolare, condividere le idee di resistenza contro il comunismo sovietico.
Mi chiedevo se il regime, non se ne fosse accorto.
IL TEATRO E LA RETE
Nel mondo di oggi, tra i giovani, il pensiero, le idee, sono veicolate attraverso la Rete.
La rete si e’ recentemente dimostrata, nel nord Africa, forza d’urto verso i diversi regimi autoritari che da decenni abnegano i diritti civili e umani dei cittadini e dei popoli.
Ne abbiamo avuto uno stupefacente esempio, anche in Italia, con l’attivita’ svolta dai comitati, soprattutto di giovani, a salvaguardia dei quesiti referendari e lo strepitoso risultato, in gran parte, e' stato grazie alla Rete.
La partecipazione, la mobilizzazione dei giovani che hanno usato, anche questa volta, come trenta anni fa in Polonia, strumenti, mezzi, un linguaggio nuovo, il web, l'ironia, i videomessaggi, la satira.
E’ più importante e incisiva una vignetta che circola per la Rete, che un comizio a reti unificate.
A differenza delle reti informatiche Italiane, la Polonia di oggi
supera la tecnologia informatica e lo sviluppo della Rete italiana.
La Rete e’ soprattutto democrazia, condivisione del pensiero e delle idee.
Una accurata ricerca in Internet, potrà aiutarvi a conoscere quei politici, singoli deputati, parlamentari Italiani, che lungo questi anni hanno tentato di bloccare lo sviluppo e censurare la libertà di informazione e attivita’ della Rete.
Ritornando alla Polonia, fu attraverso il teatro che si ebbe la possibilità di diffondere le idee, a comunicare il pensiero, a vincere sul torpore e sull’immobilismo, ad abbattere il muro invalicabile della rassegnazione.
Il popolo Polacco e’ a tutt’oggi un grande comunicatore.
Anche Carol Wojtyla, Giovanni Paolo II, amato da tutti i cattolici del mondo, fu attore e, difatti, fu in vita un pregiatissimo comunicatore.
Pare che storicamente fu proprio Cracovia, la sua città, ad avere il primato di giovani teatranti nella resistenza avverso il comunismo.
Oggi, in Italia ,abbiamo visto ripetersi la magia della condivisione delle idee.
Non si doveva abbattere un regime nazi-fascista e/o comunista bensì venti anni di immobilismo delle idee, mancanza di flussi di pensiero, veli della rassegnazione, inghiottiti e fagocitati dalla cultura dominante imposta dalla televisione commerciale.
Questo governo motivato dalla mancanza dei fondi, ha sottratto quelli per la cultura, molti teatri hanno dovuto chiudere.
Ed e’ la cultura l’anima portante di un popolo.
Non e’ stato da poco, il papa Benedetto XVI, che ringraziamo, quando ha evocato la necessità di una energia pulita a tutela del bene comune e della vita dell’uomo.
Seppur in estremo ritardo, dopo numerosi errori, anche la chiesa romana si e’ accorta, a tutela del bene dell’uomo, che tale governo, per propri suoi modi populistici e personalizzazioni estreme, si stava allontanando dal principio della democrazia del popolo sovrano.
I voti dei cattolici sono stati fondamentali al raggiungimento del quorum.
Ed e’ stata la rete che ha fatto fluire la condivisione di tali pensieri, portando al risultato che tutti abbiamo sotto gli occhi.
Per il futuro fidiamoci soltanto dei politici che scelgono, per farsi conoscere, la rete.
Anzi, pretendiamo, come popolo sovrano, che il candidato deputato ci dimostri la sua abilità nella gestione delle reti e nell’uso del PC.
Ne vedremo delle belle.
Grazie Internet, grazie Chiesa Romana e, grazie a noi Italiani.
Ho trovato in rete, una lettera.
E’ talmente bella che ho pensato d’incollarla qui di seguito.
gli italiani "destra che sinistra" hanno dimostrato di voler mettere la parola FINE ad una visione neoliberista (spacciata per “progresso economico”) che ha di recente in larga misura privilegiato i potenti e tolto sostanze e dignità ai deboli; che ha aumentato la differenza, in tutto il mondo, tra ricchi e poveri. Gli italiani stanno aprendo sempre più i loro cuori e le loro menti al sorgere di una nuova era, quella della condivisione dei beni comuni, quella della difesa dei diritti umani, quella della difesa ambientale, con la produzione di energia rinnovabile, diffusa in piccole reti su tutto il territorio, lontana dai centri di potere ad alto rischio.
Un’era in cui dovrà crescere sempre più in tutto il mondo la nuova cultura della solidarietà e dell’empatia, senza la quale il pianeta non potrà essere salvato.
Tutto questo (ve lo immaginavate?) lo avete fatto voi con il vostro voto!
GRAZIE!
Approfondimenti
I soldi non danno la felicità, la liberta' e l'autonomia si...
L'effetto del denaro mostra un plateau: una volta soddisfatte le necessità di base, l'incremento nella disponibilità economica non fa aumentare proporzionalmente la felicita’. I soldi non danno la felicità, recita un vecchio adagio. Ora il proverbio sembra trovare conferma nei risultati di una metanalisi che ha preso in considerazione i dati relativi a 63 Paesi e pubblicati dall'American Psychological Association (APA), secondo cui la libertà e l'autonomia personale sono più importanti del possesso di denaro nel determinare il benessere personale. In tutto il mondo è stato dedicato un enorme sforzo di ricerca per individuare i fattori che più sono associati alla felicità e al benessere. Ora però i ricercatori della Victoria Università di Wellington. in Nuova Zelanda, si sono posti una domanda precisa: che cos'è più importante per il benessere personale, la disponibilità economica o la possibilità di scelta e l'autonomia? “I nostri risultati forniscono nuove informazioni sul benessere individuale connesso alla vita sociale” scrivono gli autori nell’articolo apparso sulla rivista Journal off Personalità and Social Psychology, organo ufficiale dell'APA. “Garantire agli individui una maggiore autonomia sembra essere importante per ridurre i sintomi negativi, in modo relativamente indipendente, dal benessere economico”. Ronald Fischer e Diana Boer, autori dello studio, hanno analizzato gli studi che hanno utilizzato tre differenti test psicologici: il General Health Questionnaire, che misura quattro sintomi di distress (sintomi somatici, ansia e insonnia, disfunzione sociale e depressione grave); lo Spielberger State-Trait Ansietà
Inventore, che valuta in che modo gli interpellati si sentono in un particolare momento e il Maslach Burnout, che valuta l'esaurimento emotivo, la depersonalizzazione e la mancanza di realizzazione personale. Dalla combinazione di diversi studi, che hanno coinvolto complessivamente 420.599 persone di 63 paesu negli ultimi 40 anni, è emerso in primo luogo come le due variabili chiave (benessere economico e individualismo) non siano state considerate mai insieme, ma solo singolarmente e in connessione con altre variabili come la salute, l'ansia o il distress. “Con i tre tipi di test e quattro insiemi di dati, abbiamo ottenuto risultati coerenti e affidabili del fatto che i valori sociali dell'individualismo sono i migliori predittori di felicità”, scrivono gli autori. “Inoltre, sebbene il benessere rappresenti un fattore unico importante, l'effetto tende a scomparire quando entra in gioco anche l'individualismo: il sintesi, il denaro porta all'autonomia, ma non a un maggior benessere o a una maggiore autonomia”. Una precedente ricerca ha mostrato come uno stipendio più alto, un maggiore individualismo e un alto tasso di uguaglianza sociale siano tutti fatti associati a un maggiore benessere. L'effetto del denaro, tuttavia, tende a raggiungere un plateau: una volta raggiunto un livello tale da garantire le necessità di base, un incremento delle disponibilità finanziarie aumenta solo di poco la propria soddisfazione personale, dal momento che subentra il timore di perdere il proprio status socio-economico. Complessivamente, in conclusione, più autonomia e libertà si traducono in un maggiore benessere complessivo, ma solo tenendo conto di un contesto sociale come quello dei paesi europei improntato all'individualismo. In società più tradizionali e collettivistiche, l'aumento dell'individualismo non porta a un maggiore benessere.
(
Journal of personality and social psicology)