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L’Influenza non uccide. La Campania invade gli ospedali
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Medicare? di Giuseppe Parisi
25 gennaio 2011 12:45
 
Se la medicina e la scienza hanno fatto grandissimi passi avanti negli ultimi decenni, è grazie al costante lavoro, l’intuizione e la pazienza di scienziati e ricercatori. Perciò oggi il grado di appropriatezza degli approcci sanitari è tale da poter dire che per la banale Influenza stagionale non si muore.
Le cronache Italiane stanno dipingendo un quadro da “ultimi giorni del mondo” in Campania, dove centinaia e centinaia di pazienti affetti da sintomatologie influenzali inondano gli ospedali e i pronto soccorso che, senza posti, alla fine sono adagiati come nei momenti di guerra, nei corridoi e nelle sale d’attesa, su lettighe.
Non si tratta, come Star Tek, di un virus sconosciuto, al quale l’avanzatissima conoscenza del medico “Bond” trova subito il vaccino per fermare la proliferazione mortale: si tratta di un virus banale che ha un’altissima contagiosità soprattutto nelle aree urbane, tipo quelle dove vivono i cittadini della Campania.
Perché preoccuparsi? La pressione da parte dei dirigenti sanitari alla vaccinazione degli anziani è comprensibile da un punto di vista di organizzazione sanitaria, ma non da un punto di vista della salute.
Abbiamo già più volte rilevato che prendersi più volte in un anno l'influenza, non significa che il virus è forte, ma che il proprio organismo è debole.
E' questo il punto. Bisogna trovare i punti chiave su come rinforzare il proprio organismo. Cattiva alimentazione, stili di vita errati, particolari abitudini non salutari.
Facciamo qualche esempio.
Un uomo di trentatré anni lamentava come a ogni stagione finiva con l’influenza tre o quattro volte a letto per una settimana con antibiotici e antinfiammatori. Poi ho scoperto che faceva un lavoro precario di notte due volte a settimana e, con quest’abitudine, passava altre due notti senza dormire, una volta con amici altre volte in discoteca. La sua alimentazione era prettamente “hamburger”, single, senza tempo per cucinare. Quando riuscii a fargli comprendere che tutto il problema era qui, ebbe una folgorazione stile “via di Damasco”, imparò a cucinarsi verdure, mangiava tanta frutta e si sforzava di dormire la notte, tanto che oggi non riesce a star sveglio oltre le ventitré, con buona fortuna di aver chiesto cambio di orario per l'attività lavorativa. Non prende influenze ormai da due anni, ed io sono considerato “il salvatore”, in perfetta enfasi cattolica.
Da un punto di vista di storia della medicina, in era pre-antibiotica, bambini e anziani erano quelli che ogni anno erano decimati dall'arrivo dell’Influenza stagionale. A uccidere tuttavia non era il virus, che è una proteina e non un essere vivente, una proteina che per manifestare la sua funzione deve penetrare dentro le nostre cellule, così che attiva il suo “danno biologico”, che poi non è così malefico come si crede, in quanto attiva i nostri meccanismi di difesa immunitari, e chiaramente li rinforza. Il problema è, viceversa, il punto di partenza dell’organismo al momento dell’attacco virale: se si è in ottima salute, ci sentiremo stanchi per mezza giornata, e penseremo magari che avremo lavorato troppo, ma quando il punto di partenza è diverso, siamo costretti a letto per almeno una settimana. Ecco che in questo momento arrivano i veri responsabili, veri e propri esseri viventi, i batteri. Secondo il grado di resistenza individuale, si può avere una cattiva tonsillite batterica, fino alla prorompente polmonite, una situazione diffusissima proprio nell’era pre-antibiotica.
Oggi, con la medicina attuale, abbiamo la presunzione di dire che questa visione è medievale e impossibile. Oggi l'alimentazione, la nutrizione, lo stile di vita, l’habitat della gente, è differente da un tempo. Quando siamo costretti a letto, talvolta il medico non rischia e descrive l’antibiotico per evitare propriamente le “sovrapposizioni batteriche”, che sono, in effetti, le vere responsabili degli aggravamenti da malattia influenzale.
Non ha senso invadere i pronto soccorso dei nostri ospedali. Sovente capita nel week-end, proprio quando il medico di famiglia è chiuso e non può venire a casa. Paura, ansia, cosa fare? Le regole sono semplici.
Un adulto in discreta salute fisica non deve temere nulla. Bisogna controllare spesso la temperatura, sovente è un buon metodo per seguire il decorso della malattia. Quando la temperatura non sale oltre i trentotto gradi, si può fare finta di nulla, si tratta di una termoregolazione che il nostro organismo attua per distruggere il cattivo virus influenzale. Seguire attentamente il decorso febbrile, la temperatura deve salire in maniera lineare, cioè magari passare dal 37 e così arrivare al trentotto. L’organismo è in difesa, stressarlo non serve, anzi aiutarlo è meglio: a letto tranquillo, con Mozart in sottofondo. Se la temperatura sale oltre il 38- 38,5 gradi, e prima si sono avuti fenomeni d’infezione batterica, tonsilliti, otiti o altre forme d’infezione, allora è consigliabile assumere un antibiotico: è meglio uno ad ampio spettro cinque-sette giorni di terapia scoraggeranno anche i più temibili batteri.
In caso contrario, non farsi prendere dalla tentazione degli antinfiammatori, questi agiscono sul meccanismo della termoregolazione e abbassano la temperatura, forse ci sentiremo meglio, ma il virus ringrazia!
Restare tranquilli, non combattendo necessariamente la febbre, idratarsi a sufficienza, non solo acqua, ma spremute di frutta, restare il più possibile leggero, con un’alimentazione ricca di fibre. E’ forse un metodo per allungare la permanenza a letto, ma crea un vantaggio enorme al nostro organismo.
Consiglio: pare che l’uso di “salicilati”, ad esempio l’aspirina, rinforzi il virus, è meglio scegliere, nel caso si voglia guarire in fretta, altri antinfiammatori come Naprossene, Ibuprofene est.
Bambini.
A seconda dell’'età’, le “tecniche” sono in sostanza diverse da quelle degli adulti. E’ comunque buona e saggia norma farsi consigliare dal pediatra di fiducia. Qui si ricorda che i bambini fino a dodici anni di età sono molto più sensibili alle temperature rispetto a un adulto.
Un bambino cresciuto bene, nutrito bene, reagisce anche meglio. Attenzione: nutrito bene, non significa nutrito tanto!
Anziani.
Qui nasce un dilemma d’interpretazione. Dopo una lunga vita, ognuno è un caso a se stante, e le variabili sono tantissime. Non si possono offrire consigli, se non quelli di carattere generale, con il quale si e’ detto per gli adulti. Qui, non mi rimane che dare il consiglio di farsi vedere dal proprio medico!
Attendere un week-end, se non si è affetto da particolari patologie croniche e/o degenerative, non dovrebbe essere così preoccupante. Il proprio medico di famiglia è importante, perché conosce le abitudini, gli stili di vita, le abitudini alimentari e, pertanto, la storia clinica del singolo anziano. Attenzione: negli anziani non è raro che altre patologie, anche serie, appaiano come forme influenzali. Questo non significa che un anziano di fronte a sintomi influenzali deve necessariamente pensare al peggio. Ecco l’importanza del proprio medico di famiglia.
I pronto soccorso ospedalieri non dovrebbero avere compiti di supporto a uno stadio febbrile influenzale. In Italia, da questo punto di vista, non si sono ancora intrapresi lineari strumenti di organizzazione di politiche sanitarie. E a pagarne le conseguenze, rimangono i soliti, poveri, ignari cittadini.
A questo punto qualcuno si starà chiedendo: oggi è possibile ottenere e rimanere in uno stato di ottima salute? .
A mio avviso no. Sembra che, a dispetto delle conoscenze scientifiche, con una medicina sempre più raffinata e avanzata, l’uomo continua a costruirsi intorno una civiltà che non corrisponde ai bisogni del proprio essere biologico. Sotto questo principio, sembra che gli animali che vivono allo stato bravo, rimangono molto più intelligenti dell’animale uomo.

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