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Societa': la pancia ai tempi della nonna
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Medicare? di Giuseppe Parisi
29 marzo 2010 17:10
 
I proverbi sovente si sono rilevati sempre veritieri, frutto delle lunghe osservazioni e della saggezza popolare.
Ad esempio, la mia nonna era convinta che l’uomo panciuto fosse in salute piu' dell’uomo asciutto, dal fisico legnoso. Questo in quanto la salute era rappresentata dall’abbondanza dell’alimentarsi, in un tempo ove il principale problema esistenziale era di dover capire -e in fretta- come sbarcare il lunario e riempire la pancia. Il cibo era, a differenza di oggi, di non facile approvvigionamento. Non e' necessario tornare alla preistoria, ne' al medioevo, e' sufficiente spostarsi agli inizi del secolo scorso e, qualche decennio prima, ad esempio la Roma della “breccia di Porta Pia”, quindi il 1870. A quel tempo “la gleba”, quindi il “popolano” chiamato cosi' per distinguerlo dalle “classi nobili e nobiliari”, era con statura, peso e aspetto molto diversi. L'insufficienza di cibo era ragione del ritardo delle caratteristiche psichiche, somatiche e sessuali; sia nel sesso maschile che femminile adolescenza e puberta' erano cronologicamente spostate: una ragazza di diciassette anni oggi la scambieremmo per una bambina tra undici e dodici anni. Anche nei maschi si formavano i caratteri sessuali con ritardo. Interessante, dal punto di vista sanitario e storico, l’analisi delle patologie piu' diffuse tra la gente di quel tempo, ad esempio il rachitismo, presente in special modo nei bambini, mentre erano sconosciute altre malattie, le medesime che diverranno quelle dei tempi a seguire: la gotta, malattia in parte ereditaria, ma causata dal tanto mangiare, in speciale modo carni rosse e cacciagione. Chissa' se non e' per caso che gli unici a soffrirne, a quel tempo magro, erano i nobili e... il clero, nel loro perpetuo predicare bene e razzolare male.
Recentemente alcuni ricercatori universitari hanno studiato le porzioni di cibo lungo la storia, notando che crescevano nel tempo; con speciali mezzi studiavano le opere d’arte, in maggior parte quelle raffiguranti l’ultima cena del Cristo, e facevano notare che la dimensione del cibo sul tavolo cresceva se l’opera era piu' recente. Gli autori sono arrivati alla conclusione che le quantita' di cibo, lungo il medioevo sono cresciute nel tempo per ogni singolo individuo, pur con fasi alternate tra carestie e pestilenze; in ogni caso, a parte nobili e clero, l’umanita' nel corso degli ultimi duemila anni ha vissuto in uno stato di sotto nutrizione, che non era tale per esempio nelle popolazioni dell’antica Roma, nello splendore del classicismo, dove l’abbondanza alimentare era per tutti e a disposizione di ognuno, ricco o povero che fosse.
La fame, per gli italiani, lungo la storia, e' stata l’incubo della vita. Durante le giornate che precedevano l’attacco alla roccaforte delle mura Leonine della Chiesa Romana, arroccata con oltre ventimila soldati ben armati, i militari del Re, dall’altro lato del Tevere, lamentavano di avere ranci troppo piccoli, e il malumore e la fame stavano rischiando di far saltare la resa del Papa Re. I soldati del Papa, ben nutriti, ben armati, non vinsero solo per lo squilibrio del numero di soldati dei due contingenti, ventimila contro oltre trecento mila soldati italiani. Anche nell’ultima grande guerra, sono tanti i momenti e le vicende delle battaglie degli italiani in cui la fame e’ stata motivo determinante che trasformava -fino a sconvolgere- lo svolgersi dei fatti.
E la fame perenne degli italiani e' allo stesso momento cultura e riscatto
. Non e' per caso che la cucina italiana oggi, e' tra le piu' apprezzate in ogni parte del mondo. Le festivita' e le feste sono motivo nel quale e' sacralizzato il cibo; pensiamo alle sagre o alle feste di paese, dove l’aspetto culturale, sociale o politico e' abbondantemente pervaso da degustazioni, banchetti e quant’altro debba soddisfare la pancia.
La fame e' nella nostra cultura. Il collante per le famiglie, soprattutto al sud, e' la necessita' di “mettere i piedi sotto il tavolino” la domenica: il giorno del “domino” o del “Signore” al Sud, nell’immaginario collettivo, identificativo del “Dio”, il pranzo dal capotribu', generalmente il nonno, con sempre pronti i piatti della tradizione.

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