Google Suggest è diffamatorio o non è diffamatorio? Il Tribunale di Milano qualche giorno fa ha dichiarato Google Suggest non civilmente responsabile per gli accostamenti eseguiti delle parole truffa, truffatore, plagio e setta con il nome del presidente di una fondazione senza fini di lucro. Si riporta di seguito la notizia ripresa da Il Sole 24 Ore: “Google non ha la responsabilità per i suggerimenti dati con le funzioni Autocomplete e Ricerche correlate. Questi strumenti
“non costituiscono un archivio, né sono strutturati, organizzati o influenzati da Google che tramite un software automatico si limita ad analizzare la popolarità e a rilasciarli sulla base di un algoritmo”” (Andrea Biondi “Google non responsabile dei risultati da algoritmo”, Il Sole 24 Ore, 29 marzo 2013 pag. 21).
Quindi si registra una controtendenza rispetto a tutto quanto già detto precedentemente in
un articolo sempre su questa rubrica, ma prima ci corre l’obbligo di fare una piccola riflessione.
Ma allora Google Suggest è diffamatorio o non è diffamatorio?
Non avendo ancora il testo della pronunzia del Tribunale di Milano non mi è possibile commentare la decisione in oggetto ma in via generale risulta difficile accettare l’idea che un danno all’immagine e alla reputazione di una persona o di un’azienda possa essere accettato supinamente laddove non vi siano i presupposti per legittimarlo e dunque risulti in definitiva un danno ingiusto. L’Internet è una realtà in piena evoluzione e sempre di più saremo nelle mani dei gestori delle piattaforme intelligenti on line come Google e come le varie nuvole informatiche (cloud computing) che via via si stanno diffondendo, e proprio per questo è necessario stabilire la consapevolezza di fondo come giustamente notato dalla precedente pronunzia del Tribunale di Milano (Ordinanza 31 marzo 2011) che non possiamo essere in balia di un algoritmo ma che dietro l’algoritmo ci sono le persone.
“…. è la scelta a monte e l’utilizzo di tale sistema e dei suoi particolari meccanismi di operatività a determinare – a valle - l’addebitabilità a ZZ dei risultati che il meccanismo così ideato produce; con la sua conseguente responsabilità extracontrattuale (ex art. 2043 c.c.) per i risultati eventualmente lesivi determinati dal meccanismo di funzionamento di questo particolare sistema di ricerca. Si tratta di una scelta che ha chiaramente una valenza commerciale ben precisa, connessa con l’evidenziata agevolazione della ricerca e quindi finalizzata ad incentivare l’utilizzo (così reso più facile e rapido per l’utente) del motore di ricerca gestito da ZZ” (
Trib. Milano, Ord. 24.03.2011)
Dunque quando si rilevi un danno ingiusto creato dall’algoritmo per un mero errore occorre che le persone che hanno forgiato lo stesso algoritmo provvedano immediatamente a recare un rimedio. Ad onor del vero dall’articolo de Il Sole 24 Ore si evince che per una parte la richiesta del reclamante sia stata accolta da Google che ha interrotto il collegamento con le parole
truffa,
truffatore lasciando però quelle di
plagio e
setta.