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Rimborso software (Windows) preinstallato nel PC. La pronuncia della Corte di Giustizia UE
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Diritto digitale di Claudia Moretti
17 ottobre 2016 10:50
 

Lo scorso 7 settembre la Corte di Giustizia ha affrontato, in una articolata pronuncia su rinvio pregiudiziale della Cassazione francese, la questione dei software preinstallati nei PC. La notizia è già circolata ed approdata anche negli scritti difensivi dei Produttori hardware che erano stati citati in giudizio dagli aspiranti al rimborso del prezzo dei software indesiderati, sulla scorta della pronuncia della Corte di Cassazione n.19161 del 2014 (emessa in favore di un collaboratore di Aduc).

La recente pronuncia Europea, infatti, parrebbe, a prima lettura, dar ragione ai Produttori che negano il rimborso dei soli prodotti software, contrariamente alla pronuncia della nostra suprema Corte che accoglie le istanze del consumatore (e del mondo del software libero).

Ma occorre fin d'ora chiarire come le due pronunce non si contrappongono fra loro, e che a ben vedere rimangono del tutto invariate le argomentazioni che hanno portato all'affermazione del diritto al rimborso in caso di mancata accettazione della licenza OEM. La nostra Corte di Cassazione, infatti, ha esaminato il caso da un punto di vista meramente contrattuale (utilizzando le stesse clausole contenute nel contratto di licenza d'uso del programma preinstallato), e non sotto il diverso profilo della pratica commerciale sleale.

Ha, infatti, ritenuto sussistere il diritto al rimborso perché la clausola ivi contenuta specificava e prometteva (in modo vincolante per il produttore) la possibilità per il consumatore di restituire il o i prodotti ed ha interpretando come autonomi (e pertanto non avvinti dal collegamento negoziale) i distinti e diversi (peraltro conclusi in tempi diversi) contratti di vendita e di licenza d'uso. Di tal ché l'uno si conclude e si recede, in via autonoma. Nessuna rilevanza, nel caso concreto, la Corte ha dato alle informazioni, al comportamento diligente, ingannevole o aggressivo del produttore, né all'indagine di mercato sulle esigenze del consumatore medio. E ciò perché lo stesso contratto OEM conteneva in sé l'impegno alla restituzione della licenza e, conseguentemente, al rimborso del suo solo prezzo.

Invece la Corte UE ha esaminato, non già un contratto di licenza, ma valutato argomenti che riferiscono ad altri e distinti tema.

 

I quesiti risolti dalla Corte di Giustizia

In buona sostanza, la Corte europea ha risposto a tre quesiti pregiudiziali, ossia se costituisca pratica commerciale sleale (aggressiva o ingannevole):

  1. la vendita combinata di software ed hardware insieme, laddove al consumatore non sia permesso recedere dal contratto separatamente per ciascun prodotto;

  2. la vendita combinata di software ed hardware, laddove il produttore non renda possibile un acquisto separato dei prodotti;

  3. la vendita combinata di software ed hardware, laddove non sia specificato il prezzo del singolo prodotto (in particolare dei programmi preinstallati).

Dopo una ricognizione sulle norme comunitarie (Art. 5 e 7 della Direttiva 2005/29) e delle norme di diritto interno applicabili, ha ritenuto che, a fronte di una corretta informazione del venditore all'acquirente (sui programmi istallati, sulle condizioni del recesso, sul prezzo globale dell'offerta) , la vendita congiunta non costituisce di per sé una pratica commerciale sleale. Per quest'ultima si intende un comportamento contrario alla diligenza professionale (ed alla buona fede) e/o che sia idoneo a falsare in misura rilevante il comportamento economico del consumatore medio.

In buona sostanza, si afferma che, poiché dalle indagini di mercato prodotte in atti alla causa principale emergerebbe che le esigenze dei consumatori propendano verso l'acquisto combinato dei due prodotti, purché vi sia stata idonea e completa informazione all'acquirente, deve ritenersi onesto ed in buona fede il venditore-produttore che anche non offra l'alternativa dell'acquisto separato.

Dunque l'indagine, ad avviso della Corte, verte sulla centralità delle informazioni rese al consumatore, ed è di competenza del giudice nazionale. Nessuna rilevanza invece è data al tenore letterale delle clausole del contratto di licenza d'uso, che non hanno, pertanto, formato oggetto del pronunciamento, come nel caso della licenza OEM esaminata dalla nostra Corte di Cassazione.

 

In conclusione, sebbene apparentemente in contraddizione, le due Corti affrontano il caso sotto due distinti profili: la Corte di Cassazione italiana sotto il profilo squisitamente contrattuale (le regole invocate sono quelle dell'interpretazione del contratto), stabilendo che il consumatore ha diritto al rimborso del solo contratto annullato (quello del software); la Corte di Giustizia europea sotto il profilo della protezione comunitaria del consumatore da pratiche commerciali sleali, stabilendo che non è sleale vendere hardware e software in abbinamento. Sono ambiti del diritto che si sommano, non si elidono l'un l'altro. Pertanto invitiamo coloro che sono in giudizio ad evidenziare le differenze appena indicate e a rilevare i contenuti vincolanti della licenza OEM rifiutata.

 
 
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