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Storia dell’uomo attraverso l’epigenetica: la storia siamo noi
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Medicare? di Giuseppe Parisi
13 dicembre 2010 7:14
 
Se pensiamo all’uomo nella sua evoluzione sulla terra, non v’e’ dubbio che la realtà e’ perfettamente integrata nella intuizione darwiniana.
Non e’ del tutto difficile, anche per i non addetti ai lavori, comprendere come, ad esempio, prima dell’era antibiotica, cioè una manciata di decenni or sono, l’evoluzione umana era piu’ selettiva di oggi e abbastanza diversa, la natura dava spunti differenti, ad esempio, di fronte ad una infezione: non tutti la superavano e questo creava una “selettività naturale ” della nostra specie, a fronte di episodi di selettivita’ naturale in milioni di anni di storia dell’uomo sul pianeta.
In antropologia umana, la teoria darwiniana sulla selettività naturale e’ valida più di quanto si creda.
All’università, durante le lezioni di antropologia, tra colleghi ci si divertiva anche di più, avevo diversi amici di corso mediorientali, un amico del Kuwait (con cui ho mantunuto scambi epistolari fino allo scoppio della prima guerra del golfo nel 1991, dopo mi fu impossibile rintracciarlo. ancora oggi non so se sia ancora in vita), un amico della Giordania, due di Israele, quattro del Niger. Il giordano aveva una estrema e ferrea volontà di raggiungere i suoi obbiettivi, sembrava fosse la laurea, riusciva a studiare anche sedici ore al giorno in una lingua che non conosceva del tutto correttamente, trovando senza sbavature il tempo per pregare Allah, e questo ben cinque volte al giorno; impressionante la capacità di fare altrettanto anche senza cibarsi come nei periodi del Ramadan. Il kuwatiano non apprezzava lo zelo ortodosso del giordano, sembrava un po' più laico, portava al polso un orologio tutto in oro e non faceva altro che ripetere che Saddam Hussein era solo un disgraziato folle da mandare via. Sembrava stesse in Italia quasi in vacanza, aveva certamente pochi grilli per la testa e una grandissima metodologia di vita molto abitudinaria, soprattutto nello scandire dei suoi ritmi. Quelli molto brillanti erano gli israeliani, davano vistosamente l’impressione (e a me la certezza) di avere sempre una marcia in più, avanzando gli altri nel tempo. Coloro che invece vistosamente avevano tre marce erano i nigeriani, bravi ragazzi consci di questo loro avanzare affannoso, ma mai ingaggiare con loro una gara di forza fisica, praticamente erculei, mai vinta una gara di tiro alla fune con loro, sembrava che a tirare dall’altro lato fossero tre individui al posto di uno!
Questo universo di differenze psico-fisiche della razza umana, era alla base degli studi antropologici della medicina, soprattutto prima dell’era microbiologica e biochimica della scienza medica.
Rimangono del tutto valide ancora oggi. Anche se in buona parte esse sono state oscurate da una frammentazione di discipline cresciute a pari passo con le nuove scoperte di laboratorio e con nuove tecnologie diagnostiche.
Durante gli studi dell’antropologia del vivente, furono commessi molti errori, ma molto invece fu compreso, reso utile allo scibile umano.
Oggi grazie alle acquisizioni sulla genetica, sappiamo che e’ a cagione dell’epigenetica che si articolano i nostri comportamenti, individuali e sociali.
Gli israeliani hanno un modo di reagire nell’ambiente diverso da quello di un mediorientale e di un africano. Diversi anche dai nostri tratti epigenetici, che ritornano vivi e fluenti facendo sembrare che amiamo la disciplina, espressa nel modo più violento e becero. Non ci sarebbe ragione di comprendere il successo di un partito come la Leganord, con quel modo violento e superficiale di creare l’immagine del “diverso” quasi superiore, “camicia verde” (una volta era nera), l’inno nazionale (diverso da quello nazionale dell’Italia), il mito della razza, quella Celtica, e la raffinata capacità di demonizzare il diverso, un tempo gli ebrei oggi gli extracomunitari e i Rom. Il successo della Leganord e’ descritto nella preistoria dei nostri geni più atavici.
Solo un profondo e radicale sviluppo della razionalità interpretativa può, poco per volta, invertire la rotta, abbattendo questo abbrutimento dell’uomo.
Le società si volgono nel tentativo di migliorare e migliorarsi.
Non esistono le razze umane, se non quello che l’erosione del tempo e della storia, incide e comporta sullo stesso uomo.
Il nero d’Africa e’ più forte, perché costretto nella storia a esser schiavo, gli israeliani, furbi e brillanti perché da sempre capaci ed abili nel commercio, i mediorientali con le loro caratteristiche, e noi italiani con il nostro imperante “machiavellismo”, che controlla e domina tutto, perfino logica, diritto e democrazia.
Come non ci si possa sentire stupidi, piccoli, men che mediocri, suddividere, differenziare, catalogare gli individui umani, e come sarebbe facile comprendere che, al di la degli aspetti specifici giocati dal ruolo della genetica impressa dalla storia, siamo decisamente tutti assolutamente uguali: ognuno e ciascuno di noi, desiderosi di cose simili, nello stesso momento nel quale i bisogni umani diventano imperanti e simili, come il bisogno di mangiare e di bere, di dormire e di amare.

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